In questi anni e soprattutto in queste settimane è argomento di dibattito (anche con toni accesi) la questione relativa ai migranti.
Aldilà delle rispettive tesi ideologiche e delle dottrine religiose di ciascuno di noi, vorrei proporre una visione più assertiva e se vogliamo ancora più “interessata” degli eventi, direttamente citata dagli economisti di “Bloomberg” e da tutti i maggiori forum economici mondiali e ripresa da numerosi giornali internazionali: cioè per l’Europa l’immigrazione sarà un affare.
Gli economisti non hanno dubbi: sulla base dei grandi numeri, gli immigrati che si rovesciano a ondate sulle frontiere europee non sono il problema. Sono la soluzione del problema. Bisogna trovare il modo di sistemarli e di integrarli: un compito inedito, per il quale non ci sono soluzioni semplicistiche. Ma le centinaia di migliaia di uomini e donne, giovani, fra i 20 e i 40 anni, spesso con figli al seguito, che si affollano sulle barche, sui treni, sui camion dei disperati sono quello di cui l'Europa ha bisogno. Subito.
Quando Angela Merkel apre le porte della Germania a 800 mila rifugiati, infatti, lo fa con estremo raziocinio. Facendo un calcolo a spanne, Leonid Bershidsky (su Bloomberg) calcola che l'Europa avrebbe bisogno di 42 milioni di nuovi europei entro il 2020. Cioè domani. E di oltre 250 milioni di europei in più nel 2060. Chi li fa tutti questi bambini?
Il rapporto Bershidsky cita testualmente che “i 42 milioni di europei in più sono, infatti, quelli che servirebbero, subito, per tenere in equilibrio una cosa a cui gli europei tengono, probabilmente, più che alle loro radici cristiane è il sistema pensionistico. Oggi, in media in Europa, ci sono quattro persone in età lavorativa (15-64 anni) per ogni pensionato. Nel 2050, ce ne saranno solo due! Ancora meno in Germania: quasi 24 milioni di pensionati contro poco più di 41 milioni di adulti. In Spagna: 15 milioni di over 65 a carico di soli 24,4 milioni di lavoratori. In Italia: 20 milioni ad aspettare ogni mese, nel 2050, l'assegno dell'Inps, finanziato dai contributi di meno di 38 milioni di persone in età per lavorare. Le soluzioni non sono molte. O si tagliano le pensioni, o si aumentano di molto i contributi in busta paga o si trova il modo di aumentare il numero di persone che pagano i contributi”.
Altro tema di scontro è l’idea che l’immigrato possa portare via preziosi posti di lavoro.
Secondo l'Ocse - l'organizzazione che raccoglie i paesi ricchi del mondo - nei settori in declino gli immigrati tendono ad occupare i posti di lavoro che chi è nato in Occidente preferisce abbandonare. Su quei lavori, pagano le tasse. Senza gli immigrati, il governo Renzi sarebbe, in questo momento, disperatamente alla caccia di quasi 7 miliardi di euro per tappare i buchi della legge di Stabilità. Gli stranieri hanno pagato, infatti, circa 6,8 miliardi di euro di Irpef nel 2014, su redditi dichiarati per oltre 45 miliardi di euro l'anno, facendo si che tale gettito supera i benefici che ricevono dal welfare nazionale per quasi 4 miliardi di euro.
La realtà vera si è incaricata di sgonfiare molte polemiche degli ultimi anni, a cominciare da quella che, sull'onda dell'allargamento dell'Unione, nel 2004, molti disoccupati Rumeni e Polacchi sarebbero stati pronti a sbarcare nei paesi della Ue a togliere lavoro. L'Ocse ha studiato da vicino il caso dell'Inghilterra dove, negli anni immediatamente successivi al 2004, sono arrivati, in effetti, un milione di immigrati dai paesi est europei, Polonia in testa. In Inghilterra invece sono aumentati i posti di lavoro.
Piuttosto, ciò che colpisce, nelle cifre sull'immigrazione, è la loro esiguità. L'impressione di un'Europa scossa e sommersa da uno tsunami migratorio è frutto di sola paura. In tutto, gli immigrati oggi presenti in Europa sono pari al 7 per cento della popolazione. Gli arrivi incidono positivamente sull'economia, ma per non più di qualche decimale. Il fisco ci guadagna: uno straniero in Lombardia dichiara più di un italiano in Calabria. Ma l'Irpef complessiva degli immigrati non arriva al 5 per cento del totale delle relative entrate.
Anche le spese, nonostante le polemiche, sono ridotte. In media, nei paesi ricchi dell'Ocse, gli immigrati assorbono il 2 per cento dei fondi per l'assistenza sociale, l'1,3 per cento dei sussidi di disoccupazione, lo 0,8 per cento delle pensioni. L'Italia è in linea. Anzi sulle pensioni (pochi gli immigrati che, nel nostro paese, ci sono arrivati) la spesa per gli stranieri è dello 0,2 per cento.
Quindi ciò che veramente dovremmo tutti quanti operare è il riuscire a “governare” questo flusso in maniera tale da creare una rapida integrazione, possibilmente stabile nel nostro Paese, la quale oltre che essere preziosa per le casse dello stato lo diventerà a catena per tutte le altre condizioni sociali del presunto problema.
Michele Mazzarri