“Corda che troppo è tesa spezza se stessa e l’arco”, diceva Giovanni Prati a metà dell’‘800, senza immaginare che dopo centocinquantanni le sue parole avrebbero avuto il carattere di una profezia. Dunque ci sono state le elezioni: avevo scritto che sarebbero state le più inutili della storia repubblicana, ma ero stato pessimista. Bersani ha vinto coi numeri, ma niente esprime meglio la metafora della vittoria di Pirro.
Berlusconi non so, ma il suo partito ha meno della metà dei parlamentari uscenti. E Monti non ha vinto. Il vincitore reale è il “Movimento 5 stelle”, lo Tsunami Grillo che, come aveva promesso, ha aperto il Parlamento come una scatoletta di tonno. Cerchiamo di capire.
Berlusconi, malgrado la terribile ‘débacle’ sopravvive, e poteva anche vincere alla Camera, con una vittoria di Pirro identica a quella di Bersani. Chi sulla politica ci ragiona non riesce a spiegarselo: dopo il disastro della sua azione di governo, dopo il discredito internazionale, dopo le condanne e i processi ancora in corso, dopo ormai il disfacimento anche della sua immagine fisica, dopo tutto questo e altro, sopravvive; e quando “scende in campo”, come ha fatto di nuovo due mesi fa, macina consensi impensabili.
E’ una cosa che non ha senso, anche dal punto di vista dei suoi fedeli: è un uomo ormai vetusto, non può costituire per nessuno l’idea del futuro, anche ravvicinato. Ma chi ha tentato di sostituirsi a lui è stato duramente messo da parte, e a ragione: senza di lui il Popolo delle Libertà non esiste (e quando lui non ci sarà più, non esisterà più).
Ma Berlusconi non è un progetto politico, non è un programma di governo, non è storia viva; Berlusconi è una rappresentazione simbolica (pur se in carne e ossa) dei suoi elettori: “esiste una borghesia anarcoide, ingorda, plebea, arrembante, parassitaria, gaglioffa, talmente corta d’intelletto da non vedere come la pirateria presupponga dei galeoni da predare e nella fattispecie il galeone sia la “res publica”, alla quale un malaffare vampiresco succhia sessanta miliardi l’anno” (Franco Cordero, da “Repubblica”); e accanto a quella borghesia, esiste un ceto medio-basso che esercitando una qualche attività imprenditoriale anche piccola, volentieri si immagina uguale a lui, e riconosce come unica etica quella del proprio vantaggio economico costi quello che costi a chicchessia, purché non a sé. E infine esiste un popolo di persone che ormai rincorrono la sopravvivenza, e che difendono -senza alcuna volontà o possibilità di giudizio critico- ciò che hanno da sempre considerato l’ultimo fortino della loro identità, appunto la casa comprata con tanti sacrifici, e che in realtà li ha da sempre posseduti più di quanto non ne siano stati possessori. E allora anche il richiamo più semplificato e gretto –l’impossibile restituzione dell’IMU, il condono tombale (anche edilizio), l’esenzione fiscale del patrimonio- diventa la speranza di poter mantenere ciò che, mestamente, resta ormai come solo controvalore della vita. I voti di questi elettori Berlusconi non li perderà mai qualunque cosa faccia o dica, se non cambieranno gli elettori (non il candidato), se non cambierà la vita degli elettori.
L’elettorato della Lega Nord ha moltissimi tratti in comune con il Popolo delle Libertà, e infatti –malgrado tutti i distinguo- continuano ad allearsi.
Di Monti e dei suoi alleati ho già avuto occasione di scrivere recentemente su Elbareport http://www.elbareport.it/politica-istituzioni/item/3428-sui-candidati-alle-politiche-2013 e non importa tornarci su.
Del PD qualche giorno fa scrivevo: «Bersani (che, va detto, non è un grande comunicatore), ha svolto il ruolo che si è dato, di buon padre di famiglia, pacato, rassicurante, attento, prudente. “Progresso senza avventure”, come una volta. Ha lasciato intravedere orizzonti di cambiamento delle politiche europee, delle politiche economiche e finanziarie, delle politiche del lavoro, di quelle dei diritti personali; ha indicato una via possibile per un rilancio dell’occupazione; insomma ha detto cose credibili e giuste, anche se poco entusiasmanti. Forse va bene così: “il Piave mormorò…”».
Ora sappiamo che non va bene così. Il PD non ha capito –e non so se capirà presto- che vent’anni di Berlusconi hanno modificato il suo pubblico, il suo elettorato: con il progressivo allontanarsi della memoria della fase epica del partito (la Resistenza, la Ricostruzione, le Lotte operaie, l’egemonia sindacale, ecc.) e il corrispondente appannarsi dell’immagine dei protagonisti di quella fase; con il mutare dei modelli culturali, delle condizioni economiche e sociali, dei sistemi concettuali di riferimento; con la globalizzazione e la rivoluzione tecnologica dell’informazione e della comunicazione, si è andata semplificando anche la capacità di analisi della realtà soprattutto dopo la scomparsa delle mediazioni offerte a lungo dal partito e dalle sue infrastrutture organizzative.
Nella coscienza del popolo della Sinistra, come si diceva una volta, il giudizio si è fatto più schematico, e l’omologazione dei linguaggi ha portato alla sommarietà dei giudizi. Il “buon senso” di Bersani-usatosicuro, con le sue buffe metafore –buone per il cabaret ma non per coinvolgere chi ormai, e da tempo, usa linguaggi nuovissimi ed ermetici-, non può non apparire vecchio. E, dispiace dirlo, anche tutti gli appartenenti all’apparato del partito appaiono vecchi (dispiace dirlo, perché sono tutti miei coetanei). Se poi quei “vecchi” godono di redditi ben più consistenti di quelli attuali o sperati da chi li ascolta; se hanno “facilities” o privilegi (anche piccoli) che ne decorano funzioni e poteri; se insomma vivono distanti e incomunicanti, allora la “semplificazione” della Casta diventa IL nemico, contro il quale è difficile combattere, ma che –in democrazia- quando arriva la scadenza elettorale si può mandare a casa: tanto più se –a differenza di altri casi peggiori- non può ricattare, non può controbattere, non ha da far venire meno protezioni o favori.
Credo che questo sia il motivo della fortuna di cui godeva la candidatura di Renzi alle primarie, dentro e fuori dell’ambito del partito: non interessava se fosse migliore o peggiore di Bersani; era “nuovo” e prometteva di mandare a casa tutti i vecchi. Come buon padre di famiglia saggio si fa una certa fatica a sopportare quello di casa. A un certo punto ci vuole altro. Lo dice anche Freud.
E allora arriva Grillo con il suo movimento. Non so se chi l’ha votato sappia bene cosa vuole e cosa vuole fare: ma non credo che, almeno ora, gliene importi. Grillo è nuovo, dice cose nuove e inaudite, vuole mandare a casa tutti i rappresentanti della vecchia politica, vuole seppellire la vecchia politica e inaugurare modi nuovi di democrazia. Usa strumenti nuovi e potenti, e pochissimo costosi: può fare a meno del denaro che i partiti spendono nella comunicazione, e propone di reimmettere quel denaro nel sociale. Vuole adeguare gli stipendi dei politici a quelli degli altri lavoratori; vuole eliminare tutti i privilegi; vuole attaccare i centri del potere della spesa dello Stato, e redistribuire le risorse nell’economia dei cittadini; vuole combattere i grandi monopoli che nell’ombra costringono la popolazione a inaudite sofferenze (Grecia). Perché non votare per il Movimento 5 Stelle? E Grillo è riuscito a parlare a tutti delle cose che ho sopra riassunto: è andato nelle piazze di tutti e senza la mediazione della televisione e dei giornalisti si è rivolto direttamente (e senza birignai) a tutti chiedendo di ascoltarlo e facendosi ascoltare. E’ stato bravo e ha vinto.
E’ nuovo, e ai vecchi il nuovo fa un po’ paura. E’ fuori, per esempio, dai miei schemi mentali, dai miei ragionamenti, dalle analisi che sono abituato a fare e che mi riesce fare. Ma sarebbe buffo che il nuovo si piegasse al vecchio. Bisognerà che cerchi di ascoltare e di capire. Lo consiglio anche ai miei colleghi “vecchi”, e non solo a loro. Quando avremo capito e avremo imparato a spiegarci, sperando che non sia troppo tardi, sarà di nuovo gara, una bella gara.
Luigi Totaro
P. S.
Ho visto i risultati isolani. Mi pare si sia indietro di cinque anni (a dir poco).