Il professor Cambi mi ha stimolato ad affrontare un tema enorme: una Portoferraio invasa tanto da essere invivibile per limiti urbanistici e gestionali. Cerco di dare un contributo, tutti dovrebbero farlo. C'è in gioco il futuro. Circa il disagio espresso dall'archeologo portoferraiese, Rodolfo Doni, noto scrittore compianto, tra i fondatori del Premio letterario Isola d'Elba, mi donò la sua favola capolavoro intitolata “L'isola”. Descriveva il crescente disagio degli elbani, simile a quello espresso del Cambi, nel vedere, nel passato, la tranquilla e stupenda isola, trasformata in un grande supermarket balneare. Il racconto magistrale si conclude con la fuga dei residenti dall'isola, lasciandola in mano agli imprenditori turistici.
Quindi facile avere sensazioni simili a quelle di Cambi, anche se non è la mia Portoferraio, come dice il docente universitario. Ma saranno tra non molto 50 anni dal mio arrivo sull'isola, esule da Firenze, dopo esperienze al villaggio scolastico sperimentale di Corea a Livorno e a Barbiana. Anche io, senza avere competenze tecniche, ho valutato questa città, ma in generale tutta l'isola, un ambiente che non ha fatto sviluppi urbanistici innovativi forti, ben studiati da specialisti nel tempo. Ma è una impressione, ripeto, da non addetto ai lavori. In tutto ciò pesa molto non aver adottato il comune unico, mancano dei registi con una visione d'insieme delle esigenze dell'Elba. Certo lo Scoglio non è la Sicilia, ha assai minori spazi e quindi minori soluzioni strutturali. Ma studi approfonditi e condivisi potrebbero creare migliorie negli assetti di paesi e di Portoferraio, con ambienti più vivibili, aggregativi, funzionali per residenti e ospiti. Nel tempo ho visto fare rotonde, ritocchi agli spazi urbani esistenti, senza pensare ad sviluppi ulteriori, niente nuove strade provinciali, poche piazze, giardini, forse non sono possibili? E i parcheggi? Ad esempio una ghiotta occasione di fare tre piani per accogliere centinaia di veicoli potrebbe darla il grande e malconcio parcheggio del Residence a Portoferraio. Pure il palazzo ex Sip di viale Manzoni, inutilizzato credo, potrebbe diventare un parcheggio a più piani. Ma chissà, tanti vincoli... Lo stesso dicasi dell'ex caserma della Finanza che pare andare in malora, abbondanti spazi in disuso. Nella fine degli anni 70 mi pare di ricordare lavori in centro storico col sindaco Fratini con pavimentazioni di un po' tutte le strade e piazze, poi l'ampio parcheggio a San Martino per i milioni di visitatori della villa napoleonica. La loppa zona commerciale, Sono state recuperate le fortezze, in parte, un bene straordinario ancora non sfruttato al meglio privo di un ascensore promesso da vari sindaci. Ma ho avuto sempre l'impressione che non ci sia mai stato uno studio generale della città per darle uno sviluppo ragionato, con scelte coraggiose e funzionali. Ottimo il giardino di Carpani per l'aggregazione. Forse la città poteva espandersi in modo diverso con studi importanti. Ci provò Peria con un piano ampio del litorale fino a San Giovanni, poi scomparso, stoppato? Portoferraio è bella nel centro storico, da curare molto di più, ma al di là del Ponticello (grossolano errore averlo eliminato) un grigiore estetico urbanistico e spazi poco validi, ovunque. Frutto di un non studio urbanistico?
E strade nuove nell'isola dicevo? Non si possono fare? Sono note le lunghe file estive per il grande flusso di visitatori in auto all'ingresso di Portoferraio o altri paesi. Poi il caos sul porto di Portoferraio, per gli imbarchi; lunghe file nella parte finale di viale Elba e verso il palazzo Coppedé. Una viabilità da rivedere e l'area portuale “povera”, ingarbugliata. Negli anni '80 il nuovo ospedale a Portoferraio, altro errore secondo molti, realizzato in un'area sbagliata, non funzionale. Poi le circonvallazioni con un solo paio di attraversamenti pedonali. E sono i comuni isolani impegnati per evoluzioni con piani regolatori innovativi, “rivoluzionari” o ci sono limiti orografici? Però arrivati da tempo ad oltre 2 milioni di presenze l'anno in estate, ce ne vorrebbero a iosa di strutture, soluzioni architettoniche, spazi, parcheggi e quant'altro.
Con l'arrivo dei cosiddetti vacanzieri fu abbandonata l'agricoltura, la vigna, un tempo lavoro senza dubbio pesante. Arrivarono soldi facili affittando camere o appartamenti e creando i servizi di accoglienza e ristoro. E il tutto si è sviluppato fino all'esasperazione come ha detto Cambi, sconfinando in momenti di invivibilità nell'estate rovente e non solo a Portoferraio. Ad esempio con le soste selvagge nelle varie strade non ampie dell'Elba, con auto infilate ovunque, non essendoci parcheggi, per poter andare a fare il tuffo nel blu del mare; tanto che a volte non riesce a passare nemmeno il bus di linea.
E la Portoferraio inceppata descritta dall'archeologo ricordiamoci che ha un centro storico che non è un centro, perché è posto su un promontorio, una parte estrema che si allunga in mare. Si entra dall'unica via e poche sono le uscite. E anche qua un centro che ha fame di parcheggi e non è curato metro su metro. Nel mercato delle Galeazze si metterà un museo delle balene. Altri proponevano di farci proprio due o tre piani di parcheggio o un centro di aggregazione con esposizione e vendita di prodotti a km0 isolani.
Ma insomma possibile mobilitare ingegneri, architetti in grado di presentare studi sul come rigenerare Portoferraio e il resto dell'isola. Se è possibile. Magari esistono già piani e non lo sappiamo. L'isola bella se ne sta quieta in mezzo al mare, scossa dai boati, ricca di storia, monumenti da restaurare, natura da disinquinare (oltre 100 “discariche” abusive nella macchia) e molto altro da rivalutare, ma chi sa sistemare a dovere questo piccolo pianeta-isola, in favore di chi ci vive e degli ospiti, creando benessere per tutti. Ricordiamoci che tanti vivono nel disagio e vanno alla mensa della Caritas a mangiare o chiedono in centinaia sussidi ai Comuni. E l'aeroporto corto che impedisce secondo gli addetti ai lavori un flusso turistico più potente? Ma una volta ottenuto il flusso turistico potente, ci vuole anche un sistema diffuso di vivibilità funzionale.
Gli assalti dell'Elba sono storici. Giovanni Fratini sindaco si verso la fine degli anni 70, fece un appello sulla stampa “Non venite più l'isola che scoppia, se non avete prenotazione”. Un'espressione di un malessere che viene da lontano e il docente Cambi lo ha rimarcato. Si trovino le forze sociali e politiche illuminate dotate di architetti, ingegneri, manager, in grado di offrire soluzioni concrete di valore, per salvare l'Elba dalla non progettualità. Parve geniale l'uso del Chicchero, mi pare sempre ai tempi di Fratini: da San Giovanni in 10 minuti si arrivava in barca al porto mediceo. Siamo in un isola se le vie terrestri sono problematiche si può puntare sulla via del mare. Funzionò poi è scomparso. La parola passi agli specialisti progettisti. Poi questi mali, diciamolo non sono solo elbani. Ovunque è così. Sta alla comunità avere voglia e capacita di agire per cambiare. Magari per far vivere tutti meglio. Tutti, non solo chi può. Ma come va il mondo? Sconvolgimenti climatici, guerre, mafie, povertà, corruzioni, stress, femminicidi. Come diceva Bartali, campione ed eroe della resistenza? Ma insomma, non arrendiamoci, finche c'è vita c'è speranza.
Stefano Bramanti
(il disegno a corredo dell'articolo è di Lucia Taccola)