Cari concittadini elbanesi, turistame caro e pendolarioti tutti.
Siamo infin giunti, per quanto attiene alla facoltà nostra di traversare il bozzo, alla applicazione della nota Legge del Menga (che nessun codice riporta, ma che trova, nella secolare tradizione, la sua fonte giuridica).
Vieppiù già si sta attuando un'altra norma collegata, detta "Legge di Bisenzio" (giustinianea?) che impone allo stantuffato - suo malgrado - dalla pregressa "Menga", di fare - nel mentre - pure slenzio.
Qui dovevamo giungere... al blocco delle gottazzole blu-cetaceo, alle spinte, puntate e gollettoni in banchina, per la contesa dell'ultimo posto auto, o all'immane fratturamento testicolare delle ore trascorse in attesa della nave, o forse di Godot, nella ridente Piombino o tra le bellezze architettoniche retrortuali ferajesi.
Non parleremo qui di chi e cosa ci ha condotto a questa miseria, né dell'assessore ferroviere Marameo-Birignao-Ceccobao che ci capiva di trasporto marittimo assai meno di un glande, né tratteremp le imprese dei condannati patteggianti, valorosi onorati capitani, e della lussuosa lor vita, alla barbaccia nostra.
Non parleremo delle munifiche elargizioni grilline e leopoldine ed oltre (scagli la prima dazione-pietra o carta gratis d'imbarco, chi, politico, è senza peccato)
Non faremo appello alla generosità di un governo nazionale, che non ha una lira per farne due, si rimangia tutto quello che ha promesso e sembra più confuso che persuaso.
Ci aspettavamo però almeno una levata di scudi, uno scatto d'orgoglio una protesta, un richiamo e un agire, non solo da chi amministra, ma da parte della intera "classe dirigente" di questa zattera di pietra, che la corrente spinge sempre più verso il terzo mondo economico, sociale, culturale.
Niente
Il morto e nella bara
Le navi so' a banchina
Sergio Rossi